Vengono definiti “vizi capitali” quei comportamenti che, incidendo sulla morale dell’uomo, provocherebbero la distruzione della sua anima. I semi maligni del peccato vengono piantati in cuori all’apparenza incorruttibili, scudati da virtù, protetti da un’aura di intelligenza, fierezza e bontà. Essi corrompono l’ingenuità, traviano l’innocenza e sporcano la purezza, illibata fino a poco prima.
Superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira e accidia sembrano aver corrotto il mondo con un canto da sirena, risucchiando anche il più integerrimo di noi, schiavo e dipendente dal loro fascino.
Perché siamo stati corrotti? Come siamo arrivati a tutto questo?
L’Avarizia sembra essere uno dei pochi vizi capitali a non godere del fascino del peccato e il motivo incuriosisce molto, visto che esplica da solo il significato stesso del termine. Per Avarizia, il nostro fido Google intende: “Egoistica avversione allo spendere e al donare”. Alcuni non lo ritengono un vero e proprio vizio, bensì un giusto tentativo di trattenere qualcosa di sé: che si tratti di denaro, sentimenti, idee o altro. Non ritenere l’avarizia un peccato equivale quasi a legittimare lo stesso, incrementandone il significato e rendendolo più vero.
Eppure, l’avaro non è solo quel signore che, un po’ scorbutico e parecchio di corsa, tira dritto di fronte a qualche povero disgraziato che chiede l’elemosina. Non si tratta del solo soggetto che non fa beneficenza, che non partecipa alle spese condominiali o che non si rende disponibile alla raccolta fondi: ormai, l’avaro è qualcosa di evoluto rispetto alla figura comica e un po’ rimbambita di Don Arpagone, di Molière prima e Sordi poi.
Com’è di consuetudine in questa rubrica, la riflessione riguardante i sette vizi capitali comprende anche e soprattutto altri aspetti della vita moderna e tenteremo di farlo anche con questo.
L’Avarizia, come già detto, è sinonimo di aridità e non si può restare intrappolati nella convinzione che il tirchio sia l’espressione massima di tale vizio. L’economia è quello che è e dietro atti di presunta avidità, si può nascondere una parsimoniosa gestione del denaro: non è peccato spendere per ciò che ci appassiona, per ciò che amiamo.
Più che altro, la vera avarizia sta in quegli atti di mancata condivisione, personale, mentale, affettiva, che cristallizza i rapporti interpersonali in banali scambi di vedute, fatti di sorrisi di circostanza e strette di mano fastidiose.
Spesso, ci lamentiamo degli altri e della superficialità delle interazioni, come se loro fossero la causa della scarsa comunicazione o della poca confidenza. Aprirsi, parlare, interagire, ascoltare gli altri crea una sottile linea rosa chiamata ‘intimità’ e questa ha la facoltà di rendere i rapporti reali, vivi in quanto voluti fortemente da entrambe le parti. Se non concediamo nulla di noi stessi, se crediamo di dover lasciare a casa la parte più vera della nostra personalità, come possiamo pretendere che gli altri battezzino, curino e alimentino un rapporto di qualsiasi natura? Amicizia, amore o lavoro: se non ci mostriamo, perché gli altri dovrebbero farlo?
Siate generosi, non avidi.
Essere umano che incontra un altro essere umano, al diavolo il sesso: come interagire?
L’avaro di sentimenti aspetterebbe di essere cercato, farebbe il prezioso e poi, trasportato dalle emozioni, accetterebbe la relazione. Eppure, dopo mesi o peggio ancora, anni, la controparte lo accusa di essere arido, di non dare nulla al rapporto, di essere sempre puntualmente distante.
Cosa accade?
Il vostro compagno/a lamentoso è impazzito all’improvviso o si diletta in una delle sue teatrali scene madri?
Forse, quella persona vi sta chiedendo aiuto, vi sta supplicando di esserci di più e di dare qualcosa di voi, che fino a quel momento non è arrivato. Gli avidi emotivi sono tanti: spesso temono di soffrire, altre volte sono così di natura e quasi mai è possibile smuoverli. Forse, non è nemmeno giusto chiedere loro un cambiamento, ma allora, perché accettare una relazione se si ha intenzione di prendere soltanto senza mai dare? Donare se stessi dovrebbe essere il primo comandamento di ogni rapporto, eppure qualcuno continua credere fondamentali le altre regole: San Valentino, Natale, l’anniversario, il compleanno sono solo stupide date sul calendario, quando si siede a tavola con qualcuno che tiene il proprio cuore in naftalina.
Le relazioni sentimentali sono belle per tanti motivi e uno di questi è la certezza di non essere mai soli, non dimenticatevene. È facile fraintendere questo con la necessità, con la difficoltà di godere della propria solitudine, ma qui si parlava di esserci per l’altro, spesso senza l’ausilio delle parole. Con una carezza, un bacio, uno sguardo, un tocco dolce dell’anima. Questi regali li può donare solo colui che condivide.
Siate trasparenti, non siate avidi.
L’Avidità è spesso un male dell’amicizia e chiunque ascoltiate, ne sarete sempre più convinti. Quante volte vi siete resi conto di parlare da soli? Per quante volte avete storto il naso di fronte a chi vi ascoltava distrattamente, imburrando del pancarré come se la vostra confidenza non lo entusiasmante come il velo di maionese steso sul pane gommoso? Quante volte, al termine di un vostro sfogo accorato, l’interlocutore – amico ha spiazzato i vostri sentimenti con un laconico “Non so che dirti…”? Non auguratelo nemmeno al vostro peggior nemico. È insopportabile starsene lì, aprire il proprio cuore, fare quei discorsi ‘alti’ che di solito si mettono da parte per imbarazzo e sentirsi rispondere con un maledetto, anaffettivo, svogliato “Non so che dirti”. Quando lo sentite, scappate, anche se chi ve lo dice è l’amica del cuore dai tempi delle medie. Scappate più lontano possibile via da lei, perché lei è l’unico argomento che le sta a cuore.
L’amico avaro è quello che vi racconterà i suoi fatti, le sue speranze, i suoi sogni e questo lo farà apparire tutt’altro che avido, ma nel momento in cui sarete voi ad aver bisogno, il suo tempo, il suo bisogno di essere intrattenuto con qualcosa di più interessante, sarà decisamente più importante di ascoltare voi. Terrà l’attenzione per sé, non vi ascolterà, tirerà i remi dell’amicizia in barca e questo è ciò che nessuno di voi vuole davvero.
Siate disponibili, non avidi.
Alberto Sordi ha reso simpatica l’avarizia, ma la verità è che non c’è nulla di bello nel non offrire mai nulla di sé agli altri. Forse, è colpa della società, che tutto chiede e nulla concede, ma sarebbe interessante vedere le reazioni degli avari di fronte a slanci di sincera generosità: alcuni dicono che ‘chi nasce tondo non muore quadro’, ma restando in tema di detti popolari, ‘la speranza è l’ultima a morire’.
Il punto è che l’Avarizia è un peccato a tutti gli effetti, perché generato da un male interiore che blocca l’uscita a qualsiasi cosa volesse andare oltre la barriera del nostro corpo. Le parole non si pronunciano, gli sguardi non gongolano, le mani non accarezzano, i corpi non si avvicinano e l’affetto, di qualunque natura esso sia, non fluisce. Tutto viene assorbito da un’aridità che spacca il terreno su cui viaggiano le idee, i sentimenti e la volontà di condividere se stessi con gli altri. L’avaro impoverisce e rende sterile ogni cosa gli sia accanto, sia che si tratti delle persone, di ciò che lo circonda o del mondo.
Siate tutto, ma non avidi.
Ovviamente, non si tratta di perbenismo spicciolo e bigotto, né tanto meno impellente necessità di fare di tutta l’erba un fascio. Anzi, citando l’uomo barbuto crocifisso, “Chi è senza peccato, scagli la prima pietra”.
Illustrazioni: Marta Dahlig
Bell’articolo Saretta.
Mi hai fatto pensare al mio film preferito, Prima dell’alba:
“Io credo che se esiste un qualsiasi Dio, non sarebbe in nessuno di noi, né in te, né in me, ma solo in questo piccolo spazio nel mezzo. Se c’è una qualsiasi magia in questo mondo, dev’essere nel tentativo di capire qualcuno condividendo qualcosa. Lo so, è quasi impossibile riuscirci, ma… che importa, in fondo? La risposta dev’essere nel tentativo.”